Editoriale n.4/2015

Coronella Stefano

Quante volte negli ultimi anni, in diversi consessi, abbiamo sentito la domanda: “l’economia aziendale serve ancora?”. È un fatto ormai incontrovertibile che l’economia aziendale contemporanea – ormai ben più ampia e strutturata di quella ideata da Gino Zappa quasi novant’anni fa – si trovi in una delicata fase di transizione, per alcuni addirittura di vera e propria crisi che la attraversa in profondità. In effetti diverse istanze di carattere culturale e scientifico, il processo di internazionalizzazione, nonché il moltiplicarsi degli oggetti di studio e la crescente complessità del fenomeno aziendale ne hanno in qualche modo allargato i confini, sfocato l’oggetto, minato le radici e l’identità, fino a metterne in discussione l’utilità, non solo scientifica ma anche – e soprattutto – pratica. Le nostre accademie ed illustri studiosi si sono spesso interrogati in merito all’oggetto di studio dell’economia aziendale, alla metodologia da impiegare nelle ricerche, agli scenari evolutivi e prospettici che la coinvolgono ed al relativo posizionamento rispetto alle altre discipline, alla comunità scientifica internazionale, alla qualità della ricerca, alla società. Ma è proprio su quest’ultimo aspetto che probabilmente non ci siamo soffermati a sufficienza. Al riguardo occorre distinguere due profili: uno generale ed uno particolare.